L’isola di Barbana colorata da Andrea Costa il pittore di Auronzo di Cadore
Barbana è un’isola posta all’estremità orientale della laguna di Grado, sede di un antico santuario mariano.
Si estende su circa tre ettari e dista circa cinque chilometri da Grado; è abitata in modo stabile da una comunità di Monaci Benedettini. Il suo nome deriva probabilmente da Barbano, un eremita del VI secolo che viveva nel luogo e che raccolse attorno a sé una comunità di monaci. Le origini dell’isola sono relativamente recenti: la laguna di Grado si è infatti formata tra il V e il VII secolo su di un’area precedentemente occupata dalla terraferma. Il luogo ospitava, in epoca romana, un tempio di Apollo Beleno e, probabilmente, l’area destinata alla quarantena del vicino porto di Aquileia.
Un piccolo bosco si estende sul lato occidentale dell’isola e ne copre più della metà della superficie: le essenze più diffuse sono i bagolari, i pini marittimi, le magnolie, i cipressi, gli olmi. L’isola di Barbana è collegata a Grado da un regolare servizio di traghetti, con partenza dal Canale della Schiusa. Il viaggio richiede circa 20 minuti di navigazione. L’isola è inoltre dotata di un piccolo porto e può essere raggiunta anche con mezzi privati.
Secondo la tradizione, la nascita del santuario della Madonna di Barbana risale all’anno 582, quando una violenta mareggiata minacciò la città di Grado: l’eccezionale evento meteorologico, che allora destò grande stupore e preoccupazione, si inserisce probabilmente nella genesi dell’attuale laguna. Al termine della tempesta un’immagine della Madonna, trasportata dalle acque, venne ritrovata ai piedi di un olmo (o, secondo un’altra tradizione, sui suoi rami), nei pressi delle capanne di due eremiti originari del trevisano, Barbano e Tarilesso. Il luogo era allora relativamente lontano dalla linea di costa e il patriarca di Grado Elia (571-588), come ringraziamento alla Madonna per aver salvato la città dalla mareggiata, fece erigere una prima chiesa[1].
Attorno a Barbano si formò una prima comunità di monaci (i “barbaniti”) che resse il santuario per i successivi quattro secoli. In questo arco di tempo il mare proseguì la sua avanzata: nel 734, da un documento di papa Gregorio III, si apprende infatti che Barbana era già un’isola. La chiesa venne probabilmente ricostruita più volte e la stessa immagine della Madonna, non si sa se una statua o un’icona, andò perduta.
Attorno all’anno mille, ai barbaniti subentrarono i benedettini che ufficiarono il santuario per cinquecento anni. A questo periodo risale la pestilenza che investì Grado nel 1237 e l’origine del pellegrinaggio annuale della città a Barbana.
Dal 1400 ad oggi
Dal 1450 è documentata la presenza di frati francescani conventuali, che sostituirono i benedettini prima in chiave provvisoria e poi, dal 1619, in modo definitivo. I francescani, che nel 1738 eressero una nuova chiesa a tre navate, rimasero nell’isola fino al 1769, quando la Repubblica di Venezia soppresse il monastero. I legami di Venezia con il santuario, a dispetto di questo provvedimento, furono comunque sempre intensi, com’è testimoniato da lasciti testamentari di dogi (Pietro Ziani, 1228) e dall’esistenza, in passato, di un’apposita confraternita di gondolieri (la “Fratellanza della Beata Vergine di Barbana”).
Lo stesso bassorilievo dell’altare maggiore della chiesa di Barbana rappresenta, non a caso, una gondola in laguna. Dopo l’allontanamento dei frati, il santuario venne quindi affidato per oltre 130 anni ai sacerdoti diocesani, prima di Udine (1769-1818), poi di Gorizia (1818-1901). Un ruolo di particolare rilievo venne svolto da don Leonardo Stagni, al quale si devono la costruzione degli argini (1851), la realizzazione dell’attuale cappella del bosco nel luogo dove venne ritrovata l’immagine di Maria (1854) e l’incoronazione della Madonna di Barbana (1863).
Nel 1901 il santuario venne affidato ai frati francescani minori della provincia dalmata che edificarono un nuovo convento, curarono alcune bonifiche e misero mano alla costruzione dell’attuale chiesa. Nel 1924, mutati i confini politici, il testimone passò ai confratelli della provincia veneta di San Francesco, che hanno provveduto alla realizzazione della casa di esercizi spirituali “Domus Mariae” (1959) e delle più recenti casa del pellegrino (1980) e cappella della riconciliazione (1989).
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La prossima mostra di Andrea Costa si terra’ a Treviso presso il palazzo Ca’ Robegan, nell’ambito della rassegna “Dalle Dolomiti al Sile”, organizzata dal Comune di Treviso assieme alle associazioni degli Artisti Trevigiani, Circolo Artistico Mario Morales, Associazione Arte Comelico.